Sunday journey
One morning you wake up early and know that you must go to Molise.
Yeah folks, i’m a fuckin mad, but i can’t doing better.
Lovin you.
A little bit of emotion
One morning you wake up early and know that you must go to Molise.
Yeah folks, i’m a fuckin mad, but i can’t doing better.
Lovin you.
Scimmia corre
stella sopra il cuor
mia follia.
Poeta solo
sotto bianca luna
vino sprecato.
Petto aperto
cammina triste voce
porta conforto.
Tenera luce
mia calda bellezza
sposta le mani.
Giallo finto
una morta serata
spegnimi ora.
Trova riposo
stanca anima mia
sole malato.
Chiamano me
stolto bifolco rana
sempre amaro.
Sacra pietra
tomba mai piena
sacro vetro.
Sopra roio
venere ama dormir
viene sera.
Nuvole basse
fogliame cadente
temuto rosso.
Anima morta
triste piangi sola
vuota tomba.
Verde rossa tu
e gialla rosa blu
nera bianca.
Specchio tondo
è finito il tempo
niente sangue.
Brucia erba
creatura lucente
cadi piano.
Scimmie ridono
Sempre sul tetto nero
Liquido bolle
Cinture spoglie
Montagne in strada
Mosche rapide
Giacche di legge
Mi guardano l’anima
Come malati
Cammina lento
La strada corre oltre
Respira forte
Coyote scimmia
Senza spirito sciolto
Come dormire
Scriviamo perche’ abbiamo deciso che oggi non ci va di morire, appesi dove meglio si crede con un fiore sulle spalle sempre pronti a correre quando non sappiamo cosa fare, se prendere un fucile o farci ammazzare oppure ancora fare quello che ancora non sappiamo come fare se allora la morte ci offre l’unico spiraglio la risposta possibile è solo stare al sole morti come non si può più e correre, correre senza tempo e senza forze con sguardi accesi e nessun coriandolo per la via, mentre se muori io muoio e la morte arriva insieme a noi su un bianco pecorone ormai quasi irriconoscibile, come irriconoscibile paio io o voi o quelli che ci guardano mentre cerchiamo nei cassonetti qualcosa da mangiare o con cui nutrire le nostre menti per poter vivere stando attenti che il colore dei prati non stinga sui vestiti sporchi degli altri che ci osservano minacciosi da una collina poco riconoscibile per conformazione rocciosa.
Stando attento al giorno che passa comincia l’avventura più irriconoscibile che sia possibile trovare, devastazione pratica e associazione libera di corpi in frantumi con i mattoni al posto delle ossa, come se non avessimo più niente da fare e fossimo pronti ad affondare nella sabbia fredda e grigia del porto d’inverno coi pesci anch’essi morti che imputridendo vengono mangiati dai gabbiani in costante punto d’intercettazione biologica con le altre creature del mare e non, con la forza del giorno che abbatte e scavalca la fontana posta così male nelle vicinanze del mercato dei genitali cadenti che la voglia di andare a vomitarci dentro prende sempre di più gli esseri umani guastati e guastatori di voci in perenne corruzione componenti un requiem solenne per quelli che ancora sono in vita, stranamente attaccati dove le virgole riescono ancora a porsi in atto in movimenti di separazione fisica e neurale, virgole che stranamente si comportano mentre la pacificazione spirituale non riesce più a funzionare alla ricerca di dannati gabbioni in preda ad allucinazioni assolutamente enfatizzate alla caccia delle balene come se non fosse più possibile andare o tornare o cosare come più ci pare.
Ospedali in corsa verso la precipitazione cardiaca cronaca del terremoto ininterrotto assalto al torrione abbattuto con sconquasso massimo del suolo e dell’animo di chi ricorda nella sua persa vecchiaia la sorte polemica e la vita scomparsa nella profonda spaccatura del terreno col cielo bianco e i rami neri e scheletrici a guardare come vanno avanti le cose nel giallo più accecante che con difficoltà riesce a ricomporsi sulla faccia dei guastatori e delle dimostrazioni animali del sentimento nascente in orde di barbari assetati di sangue infetto come il resto del sommovimento avvenuto nell’uomo, di nuovo in piazza e sempre in corsa vestiti di nero e verde dimentichi dei colori perduti per sempre, mentre il sangue dimentica di scorrere negli arti che languidi si abbandonano alla decadenza delle occupazioni militari nate dalla lingua malata e dal linguaggio incomprensibile del mondo in divenire attenti alla forma della mano che preme i tasti in attesa di un improbabile orgasmo tecnologico portato dalla morte alata e dai gruppi alieni allo scorrere del tempo.
Guerriglia, applauditi dal mondo che bianco si distende attorno agli uomini blu colorati male e forse peggiori di tutti e degli occupanti, ah il nero come ci affascina con la sua semplicità famelica di luce e derivati della canapa verde e rosso come i colori che scorrono nel sangue della terra madre infelice per la nostra deformazione assolutizzante in attesa della nuova teoria evoluzionistica quando non riusciamo più a liberarci pronti a seguire la sorte dell’antico fecondatore borghese, ringrazia l’ispirazione che viene da lontano soffiando sulla piazza romana, ci siamo ancora come non fornire oggi prove di occupazioni colorate lontane da violenza e rassegnazione.
Giustapporre l’unica conclusione che rimane possibile alla nostra ricerca difficilmente dipanabile contro la forza maggiore di troppi spiragli in cerca di motivazioni per tornare in movimento e attenti alla ricerca di un abbandono voluto per odio onnipresente e sensazioni non più organizzabili.
Formicolio del sangue che perde ogni volontà di proseguire e torna indietro stagnando.
Sentimento dello stomaco che accetta forzatamente la pace e il languore.