Conferenza nazionale GC

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Riflessioni sulla comunicazione per la conferenza nazionale dei Giovani Comunisti.

Per noi la comunicazione e’ divenuta talmente importante che perdere di vista il suo significato o non darle il giusto peso nelle nostre analisi sarebbe un grave errore.
Prestiamo attenzione alla posizione che occupa la comunicazione nel nostro mondo: l’economia e’ essenzialmente economia della comunicazione, la societa’ del controllo, o dell’autocontrollo, nasce grazie a mirate campagne comunicative e lo stesso possiamo dire per il consenso a questo sistema.
Precisiamo comunque che la comunicazione con cui dobbiamo avere a che fare e’ una comunicazione degenerata, una comunicazione che non ha il proprio punto di partenza nella comunita’ e che non tende a creare o rafforzare quest’ultima, ma, al contrario, porta l’uomo all’isolamento e all’abbandono, nel tentativo di separare, mediante canali singoli e monodirezionali di flussi informativi, non solo i ricettori dalla fonte ma anche i ricettori stessi tra di loro.
In questo mondo indagare e creare strategie di liberazione riguardo il tema, sicuramente vasto, della comunicazione diventa non solo importante, ma fondamentale.
Fondamentale e’ ad esempio parlare di proprieta’ intellettuale.
Il fatto che ci venga proposto un mondo dove le idee non possono liberamente circolare dovrebbe immediatamente far suonare in tutti noi un campanello d’allarme perche’ le idee sono, o almeno dovrebbero essere, cio’ che meno si presta ad essere sussunto dal capitale, e quindi un mondo in cui le idee fossero state gia’ assimilate da questo sarebbe anche un mondo dove si pagherebbe per acqua, aria, vita e amore.
Gli impresari delle major vengono a dirci che bisogna proteggere gli autori e ricompensarli per il loro lavoro, e dicendo questo convincono molte persone, ma non ci stanno raccontando tutta la verita’.
Gia’ tutta l’enfasi posta a mitizzare la figura dell’autore, sorta di genio creatore ottocentesco depositario di conoscenze divine, dovrebbe portarci a riflettere; l’autore infatti non e’ mai una figura mitica ma un uomo, in molti casi con grandi capacita’, che non crea tutto dal nulla, ma che, semplicemente, si fa portavoce di una conoscenza collettiva condivisa col proprio ambiente, dal quale egli costantemente attinge sapere e nel quale ripone le proprie idee nella costante ripetizione del processo di accrescimento dell’intelligenza collettiva.
E se anche l’autore fosse cosi’ unico, perche’ i diritti di sfruttamento economico, e spesso anche i diritti morali, sono quasi sempre di altri e non degli autori ?
E continuano a raccontarci persino di come il regime di proprieta’ intellettuale sia nel nostro interesse, dicono infatti che grazie ad esso possiamo sempre avere a disposizione opere nuove e migliori.
Sorvolando sul fatto che arte e scienza siano nate prima di diritto d’autore e brevetti, possiamo sicuramente porre dei dubbi su tale questione.
Se il diritto d’autore rimanesse un’esclusiva su attualizzazioni materiali di idee, avrebbe un certo senso, e infatti nel 1700 lo ha avuto aiutando la nascita della stampa e portando quindi con se il germe dell’alfabetizzazione di massa.
Ma il mondo e’ cambiato dal 1700 ad oggi e quando si vogliono “proteggere” addirittura le stesse idee il diritto d’autore diventa insostenibile e nocivo, perche’ invece che un incentivo diventa un freno allo sviluppo.
Cosa dovremmo rispondere a chi brevetta la vita e il vivente ?
Che il brevetto dovrebbe essere un’esclusiva di sfruttamento, limitata nel tempo, su innovazioni tecniche e non dev’essere in nessun modo possibile brevettare noi, ne’ piante, animali o idee astratte, perche’ allo stesso modo sia il dna che i sorgenti di un software non sono sistemi meccanici e non dev’essere possibile sottoporli a brevetto.
E’ qui che bisogna essere disobbedienti, liberando il sapere e facendo in modo che le dighe che lo frenano cedano ed esso torni a bagnare la societa’ che ne e’ stata privata.
E allora niente piu’ rassegnazione davanti a chi tenta di limitare il nostro sapere, e’ ora di prendere e sovvertire, prendere ad esempio il copyright e farlo diventare copyleft su software, libri, musica, video e tutto quello di cui gli altri vogliono privarci.
Dobbiamo rimettere in moto l’intelligenza collettiva e per questo ci opporremo a chi vuole brevettarci o metterci un marchio, e quando lo faremo non potranno ne’ arrestarci tutti ne’ multarci, non solo per impossibilita’ amministrative, ma perche’ avremmo deciso di riprendere in mano le nostre vite.
Anche questo e’ essere antiproibizionisti, perche’ “se ciascuno recintasse il suo metro quadrato di terreno il risultato sarebbe che nessuno potrebbe muoversi e gli unici a guadagnarci sarebbero i venditori di recinzioni”.

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