Category: Thinking

It’s difficult but i try to

Crittografia: why?

Crittografia: why?

“Voglio una tenda, non voglio che i vicini mi guardino mentre mi spoglio.“

Tutto potrebbe cominciare cosi`, con una frase detta un bel giorno da qualcuno in una qualche casa.
Uno compra una tenda e la monta, cosi` puo` mantenere la comodita` di avere una luce naturale e unire a cio` la tranquillita` di non essere spiato.
Prassi comune.
Tutti troverebbero legittima una tale pretesa, ognuno ha diritto alla propria intimita`.

Eppure non e` cosi` semplice…

Ci sono cose piu` intime, piu` segrete, piu` preziose di quanto non lo sia il proprio corpo.
C`e` tutto quello che dentro al corpo risiede, tutto quello che attraversa la mente, ci sono le sensazioni e i sentimenti, la comunicazione con se stessi e con gli altri: il nostro universo informazionale.
Pochi comunque pensano al fatto che nella vita di tutti i giorni siamo osservati e ascoltati, spiati da qualcuno, o da qualcosa.
Pochi sono consapevoli di essere protagonisti del film della propria vita ripreso da un anonimo regista.

Sono nella mia stanza, con la tenda tirata, eppure qualcuno potrebbe ascoltarmi o vedermi…. non sono piu` solo.

Paranoia: una patologia che affligge sempre piu` persone o una barriera di protezione che si frappone fra noi ed il mondo che ci circonda ?

Neanche questa volta la risposta e` cosi` semplice.

La riservatezza, l`intimita`, la privacy, sono beni importanti che acquistano sempre piu` valore per il nostro essere parte di un mondo globalizzato che ci osserva e che produce mediante questa costante osservazione.
Certo non vogliamo qui giustificare il tentativo di assimilare tali valori a valori di scambio, non vogliamo farlo perche` significherebbe giustificare o perfino avvalorare una visione mercificata del mondo e della vita.
Stiamo solo tentando di porre l`accento sul fatto che, se un mercato della riservatezza esiste, allora non siamo soltanto dei dannati paranoici.
Se tutto questo fosse un sogno saremmo contenti di poterci risvegliare e dimenticare le nostre vicissitudini oniriche.
Ma aprendo gli occhi veniamo a scontrarci col fatto che la realta` non e` cosi` diversa da quello che gli altri chiamano sogno.

Pensiamo, esemplificando, al fatto che gestire cio` che della propria vita e` lecito sapere e cio` che non lo e` e` il fattore che tiene in vita il meccanismo della celebrita`.
O, ancor meglio, pensiamo ai sondaggi, alle tecnologie d`indagine, alle imprese che, per se stesse o per altri, captano le sensazioni e i gusti della moltitudine.
Chiamereste tutto questo semplicemente “marketing“ ?
No, qui c`e` qualcosa di piu` sottile e persuasivo e, molto spesso, non autorizzato; qualcosa che va oltre la soglia della percezione comune e che arriva ad insinuarsi nelle nostre menti….

Le telecamere invadono le strade, le piazze, i mezzi di trasporto; ormai sono in piu` posti di quanti sia possibile immaginarne, e molte volte non ce ne rendiamo nemmeno conto.
Credete di essere immuni di fronte a queste tecnologie ?
Credete che la vostra immagine sia solo un fotogramma di passaggio ?
Assistiamo ad un processo di miniaturizzazione estrema della tecnologia, leggiamo di societa` che vendono apparecchiature per il tecnocontrollo…
Pensate che questi siano solo “giochini“ per i fantomatici “curiosi“ di turno ?
O al peggio per qualche “maniaco“ ?
Oramai conosciamo bene Echelon, sappiamo quanto sia potente e cosa rappresenti.

Il passamontagna non e` piu` sufficiente.

Ormai staccare la batteria del telefono cellulare quando si tengono conversazioni sensibili non e` una stravaganza, e` la prassi.
Quanta, infatti, della nostra comunicazione passa per canali tecnicamente controllabili ?
Tanta.
Satelliti, cavi, onde elettromagnetiche, quale tra questi canali pensate che non possa essere controllato ?

Direte che abbiamo ancora la nostra mente, che non e` ancora possibile sondare il pensiero.
Ma il pensiero non risiede soltanto nelle nostre teste, il pensiero si materializza.
Continuamente il pensiero viene materializzato per essere comunicato, annotato, trascritto.
Si e` accesa in voi una lampadina ?
Sentiamo sempre piu` sulla nostra pelle che anche cio` che pensiamo puo` essere posto sotto controllo.

Ma allora, a cosa ci serve quella tenda che abbiamo montato all`inizio ?

A darci un segnale.
Siamo controllati, sappiamo di non essere liberi; quella tenda ci segnala che e` giunto il momento che qualcosa cambi.
Siamo ormai stufi di essere spiati sempre e comunque, siamo stufi di una privacy che non esiste.

La condivisione delle informazioni e` il nostro punto di partenza e tale rimarra`.
Ci siamo battuti per i nostri diritti e continueremo a farlo fino a che il nostro obiettivo non sara` raggiunto.
Agevoleremo il prender piede delle innovazioni tecnologiche, ma non avremo pieta` contro chi pensa di utilizzare queste stesse tecnologie contro di noi, non saremo clementi con chi usera` la tecnologia per controllarci e per renderci schiavi di un mondo che non ci appartiene.

Copyright (C) 2002 isazi & RageMan

Sono permesse copia e distribuzione di questo articolo nella sua forma integrale con e attraverso qualsiasi mezzo a patto che rimangano invariati il copyright e questa nota.

Conferenza nazionale GC

Conferenza nazionale GC

Riflessioni sulla comunicazione per la conferenza nazionale dei Giovani Comunisti.

Per noi la comunicazione e’ divenuta talmente importante che perdere di vista il suo significato o non darle il giusto peso nelle nostre analisi sarebbe un grave errore.
Prestiamo attenzione alla posizione che occupa la comunicazione nel nostro mondo: l’economia e’ essenzialmente economia della comunicazione, la societa’ del controllo, o dell’autocontrollo, nasce grazie a mirate campagne comunicative e lo stesso possiamo dire per il consenso a questo sistema.
Precisiamo comunque che la comunicazione con cui dobbiamo avere a che fare e’ una comunicazione degenerata, una comunicazione che non ha il proprio punto di partenza nella comunita’ e che non tende a creare o rafforzare quest’ultima, ma, al contrario, porta l’uomo all’isolamento e all’abbandono, nel tentativo di separare, mediante canali singoli e monodirezionali di flussi informativi, non solo i ricettori dalla fonte ma anche i ricettori stessi tra di loro.
In questo mondo indagare e creare strategie di liberazione riguardo il tema, sicuramente vasto, della comunicazione diventa non solo importante, ma fondamentale.
Fondamentale e’ ad esempio parlare di proprieta’ intellettuale.
Il fatto che ci venga proposto un mondo dove le idee non possono liberamente circolare dovrebbe immediatamente far suonare in tutti noi un campanello d’allarme perche’ le idee sono, o almeno dovrebbero essere, cio’ che meno si presta ad essere sussunto dal capitale, e quindi un mondo in cui le idee fossero state gia’ assimilate da questo sarebbe anche un mondo dove si pagherebbe per acqua, aria, vita e amore.
Gli impresari delle major vengono a dirci che bisogna proteggere gli autori e ricompensarli per il loro lavoro, e dicendo questo convincono molte persone, ma non ci stanno raccontando tutta la verita’.
Gia’ tutta l’enfasi posta a mitizzare la figura dell’autore, sorta di genio creatore ottocentesco depositario di conoscenze divine, dovrebbe portarci a riflettere; l’autore infatti non e’ mai una figura mitica ma un uomo, in molti casi con grandi capacita’, che non crea tutto dal nulla, ma che, semplicemente, si fa portavoce di una conoscenza collettiva condivisa col proprio ambiente, dal quale egli costantemente attinge sapere e nel quale ripone le proprie idee nella costante ripetizione del processo di accrescimento dell’intelligenza collettiva.
E se anche l’autore fosse cosi’ unico, perche’ i diritti di sfruttamento economico, e spesso anche i diritti morali, sono quasi sempre di altri e non degli autori ?
E continuano a raccontarci persino di come il regime di proprieta’ intellettuale sia nel nostro interesse, dicono infatti che grazie ad esso possiamo sempre avere a disposizione opere nuove e migliori.
Sorvolando sul fatto che arte e scienza siano nate prima di diritto d’autore e brevetti, possiamo sicuramente porre dei dubbi su tale questione.
Se il diritto d’autore rimanesse un’esclusiva su attualizzazioni materiali di idee, avrebbe un certo senso, e infatti nel 1700 lo ha avuto aiutando la nascita della stampa e portando quindi con se il germe dell’alfabetizzazione di massa.
Ma il mondo e’ cambiato dal 1700 ad oggi e quando si vogliono “proteggere” addirittura le stesse idee il diritto d’autore diventa insostenibile e nocivo, perche’ invece che un incentivo diventa un freno allo sviluppo.
Cosa dovremmo rispondere a chi brevetta la vita e il vivente ?
Che il brevetto dovrebbe essere un’esclusiva di sfruttamento, limitata nel tempo, su innovazioni tecniche e non dev’essere in nessun modo possibile brevettare noi, ne’ piante, animali o idee astratte, perche’ allo stesso modo sia il dna che i sorgenti di un software non sono sistemi meccanici e non dev’essere possibile sottoporli a brevetto.
E’ qui che bisogna essere disobbedienti, liberando il sapere e facendo in modo che le dighe che lo frenano cedano ed esso torni a bagnare la societa’ che ne e’ stata privata.
E allora niente piu’ rassegnazione davanti a chi tenta di limitare il nostro sapere, e’ ora di prendere e sovvertire, prendere ad esempio il copyright e farlo diventare copyleft su software, libri, musica, video e tutto quello di cui gli altri vogliono privarci.
Dobbiamo rimettere in moto l’intelligenza collettiva e per questo ci opporremo a chi vuole brevettarci o metterci un marchio, e quando lo faremo non potranno ne’ arrestarci tutti ne’ multarci, non solo per impossibilita’ amministrative, ma perche’ avremmo deciso di riprendere in mano le nostre vite.
Anche questo e’ essere antiproibizionisti, perche’ “se ciascuno recintasse il suo metro quadrato di terreno il risultato sarebbe che nessuno potrebbe muoversi e gli unici a guadagnarci sarebbero i venditori di recinzioni”.

Conferenza provinciale GC

Conferenza provinciale GC

Intervento sulla comunicazione scritto per la conferenza provinciale dei Giovani Comunisti.

Durante l’ultimo congresso di rifondazione mi e’ capitato di leggere sul documento di maggioranza una tesi, la sette, che trattava della rivoluzione informatica, ma non ho trovato niente nel secondo documento.
Ho sperato nei giovani, speravo che almeno l’eta’ anagrafica spingesse chi ha realizzato i documenti a comprendere meglio la struttura del mondo in cui viviamo (Italia anno 2002).
Anche qui il nulla, tranne un quanto mai improbabile accenno ad una crisi di sovrapproduzione della net-economy trovato nel quarto documento, e devo dire che la sovrapproduzione informativa e immateriale, date anche le mie lacune intellettuali, non riesco ancora a metterla a fuoco.
Beninteso, tutto questo eccettuato il primo documento; questo documento infatti ha ben due paragrafi dedicati uno alla riflessione sull’information age, il 12, e uno al mediattivismo, il 24.
Dovete sapere comunque che non mi sono stupito di trovarli perche’ questi paragrafi non sono nati dal nulla, ma dal lavoro costante di un gruppo, quello sulla comunicazione dei GC, che e’ nato nella sua forma attuale durante l’ultima assemblea nazionale a Foligno lo scorso dicembre.
Concluso questo preludio finto polemico, banale scusa per poter nominare questo attivo gruppo di lavoro che vede la partecipazione anche di compagni pescaresi, vorrei brevemente illustrare qualche punto di interesse piu’ generale.
La prima cosa che mi viene da dire e’ che la proprieta’ privata sta’ diventando sempre piu’ forte in questi ultimi tempi, perche’ e’ arrivata ad appropriarsi dell’inappropriabile per eccellenza: del pensiero e dei sentimenti.
Sto’ parlando principalmente di proprieta’ intellettuale certo, ma non solo.
Preciso che non ho le date sballate nel cervello, so’ che la proprieta’ intellettuale e’ nata secoli fa’, diciamo in maniera soft con l’avvento della scrittura e in maniera hard con la stampa e le leggi sul diritto d’autore; tuttavia solo adesso la situazione e’ arrivata al suo apice, adesso nell’era della riproducibilita’, qualcuno, capitale, mercato, chiamiamolo come vogliamo che tanto basta capirsi, ha deciso che nella nostra mente non dimorano piu’ idee ma merci, vendibili o utilizzabili solo dietro pagamento.
Ad esempio, il mio codice genetico e’ ancora totalmente mio ?
Si’, almeno finche’ non risultera’ utile a qualcuno che lo brevettera’ (in pratica quindi brevettera’ anche me dato che io e il mio dna siamo piuttosto complementari) e a quel punto cosa faro’ ?
Semplice, paghero’ per sopravvivere e riprodurmi.
Sembra uno squallido paradosso adesso, ma ricordiamoci che per le piante e’ gia’ cosi’.
Per questo e’ importante mantenere attivo un lavoro di riflessione ed azione sul tema della proprieta’ intellettuale anche tra di noi, e se questo percorso non e’ ancora nato, sara’ ora di farlo nascere.
Dato che mi sto’ dilungando come la bava di una lumaca diro’ solo un’ultima cosa.
C’e’ una grande battaglia in atto riguardo l’accesso al sapere, ed e’ l’attuale battaglia per lo sviluppo della rete.
C’e’ chi vede rete e mondo come grandi supermarket, chi invece li vede come luoghi di scambi non commerciali.
La rete potra’ diventare quindi il mercato globale, o il punto d’incontro tra le comunita’ globalmente interconnesse.
Mi sembra chiaro che noi non si sia per il mercato, quindi anche qui occorrera’ sviluppare strategie, magari disobbedienti, di azione.
Non ho fatto alcuna menzione a soluzioni pratiche, anche perche’ se fossi capace di elaborarne avremmo probabilmente realizzato un altro mondo possibile e non saremmo qui a parlare.
Concludo, e questa volta per davvero, con un piccolo appello che riprende anche il paragrafo sul mediattivismo del documento di maggioranza: nei nostri circoli i computer non dovrebbero contenere software proprietario ma software libero.
E’ un’azione piccola e superficialmente senza implicazioni, ma se non si comincia da qualche parte finiremo con il dover pagare per cio’ che pensiamo, e francamente cio’ non mi rende allegro.

Qualcuno ha paura!

Qualcuno ha paura!

C`e` qualcuno che ha paura ?
Dev`essere sicuramente cosi`, in Italia c`e` qualcuno che ha paura, paura di quello che ha combinato a Genova durante il G8, paura che qualcuno porti alla luce le violenze perpetrate durante quei giorni del Luglio 2001.
Foto, video, registrazioni: i media attivisti e gli altri manifestanti hanno prodotto tantissimo materiale documentario su quelle giornate, un materiale che i media ufficiali non ci hanno mai fatto vedere, facendo montaggi video che si concentravano solo su macchine bruciate e tafferugli; un materiale che indubbiamente spaventa qualcuno perche` se alla tv non e` passato, attraverso la rete e` arrivato si monitor di tutti quelli che, anche con poco impegno, hanno fatto una semplice ricerca per vedere con gli occhi di chi c`era, non con quelli di chi era pagato da chi era dall`altra parte della barricata, cosa stava ed era successo a Genova 19, 20 e 21 Luglio.
E ieri, il 20 Febbraio 2002, quel qualcuno ha emesso un altro ordine di distruzione, dopo che la sera del 21 Luglio 2001 il Media Center a Genova era stato brutalmente assaltato dalle “Forze dell`Ordine“(?) che, con la scusa dei terroristi e dei black block, eliminavano quanti piu` video e quante piu` immagini riuscivano, oltre a eliminare il sorriso dalla faccia di molti dei presenti nella scuola Diaz in quel momento.
Cosa e` successo ieri ?
Sono scattate perquisizioni in tutta Italia (Torino, Firenze, Taranto e Bologna) contro dei presunti IndyMedia Center, per cercare documentazione sui fatti di Genova, con sequestri di foto, videocassette, computer, documenti.
Azione repressiva questa, ma allo stesso tempo intimidatoria, contro IndyMedia, un network di informazione indipendente nato nel 1999 a Seattle per seguire le proteste contro il WTO e cresciuto poi in tutto il mondo, divenendo uno dei punti di riferimento per l`informazione libera e indipendente.
Anche noi ci battiamo per la liberta` dell`informazione e diamo tutta la nostra solidarieta` a IndyMedia per l`attacco subito, che viene dopo quello al sito NetrStrike.it e dopo la revoca della licenza a Radio Onda Rossa.
Proprio questa sequenza, questo climax repressivo, ci fa temere per la liberta` di espressione nel nostro paese, soprattutto in rete, dove la paura per l`incontrollabilita` del mezzo sta` spingendo l`autorita` ad andare sempre oltre nell`attivita` censoria e repressiva.
E abbiamo visto che per difendere se stesso il potere non si ferma neanche davanti a manifestanti inermi, figuriamoci se si fermera` dinanzi a strutture informative non controllabili e quindi potenzialmente letali per esso.
Solidarieta` e` tutto quello che possiamo dire.
Ma quello che possiamo fare e` molto di piu`, NON MOLLARE nella nostra lotta per un`informazione libera, non solo libera, ma anche contrapposta all`informazione finanziata dai signori del capitalismo globale.

Etica Hacker

Etica Hacker

L`etica hacker e lo spirito dell`età dell`informazione
di Pekka Himanen
con Linus Torvalds e Manuel Castells
Euro 12.91
2001 Feltrinelli Editore

Osserviamo la società in cui viviamo, la società della rete, della net-economy, la società della globalizzazione economica.
Prendiamo il lavoratore flessibile, schiavo del proprio lavoro, di un lavoro che si insinua nel suo tempo libero, che tenta di prendere il sopravvento sulla sua vita per divenire valore fine a se stesso e fine ultimo di questa; un lavoratore che dev`essere sempre pronto a spendere tempo e denaro di tasca propria per darsi un`autoformazione.
E se esistesse un altro punto di vista, una nuova etica che interessasse il lavoro, un`etica per rendere la vita umana di nuovo umana e degna di essere vissuta ?
Forse proprio da questo punto parte il lavoro di indagine del professore finlandese Pekka Himanen, indagine attraverso l`etica di quel gruppo di persone che hanno creato le tecnologie che ci circondano, gli hacker.
A cominciare dall`hacker che ha scritto il prologo di questo libro, Linus Torvalds, conosciuto per essere il creatore del kernel Linux.
E dal prologo, da quella che ironicamente lo stesso Torvalds definisce “Legge di Linus“, parte l`analisi delle motivazioni che hanno spinto gli hacker a creare non solo tecnologie informatiche, ma anche filosofie di condivisione e apertura tali da poter essere definite come una nuova etica.
Il libro è diviso in tre grandi unità, l`etica del lavoro, del denaro, del network (netica).
L`etica hacker si delinea immediatamente come etica della passione, che trae origine non dal monastero ma dall`accademia, da quell`antico spirito scientifico basato sul libero scambio delle informazioni.
Insomma l`etica hacker nasce dalla libertà di conoscere e di agire.
Il lavoro diventa quindi passione, il denaro smette di essere un fine, l`uomo riscopre se stesso e con se stesso riscopre gli altri.
Anche gli attuali modelli di apprendimento vengono analizzati e con questi vengono messi a confronto la socializzazione dei saperi e l`apprendimento collettivo tipici della cultura hacker.
Forse il prezzo è un po` alto per un libro di 172 pagine, ma i temi trattati sono sicuramente interessanti, non solo per chi conosce già il mondo degli hacker, ma anche per chi vuole cominciare ad addentrarsi in esso e cerca degli strumenti culturali per comprenderlo.
Concludiamo riportando un passo del libro, perchè anche per gli hacker “Un altro mondo è possibile“.
E sicuramente è in costruzione.

“Anche l`applicazione della metafora del computer alle persone e alla società rende la proposta etica di difficile realizzazione.
L`ottimizzazione degli esseri umani e delle imprese in termini informatici comporta una logica della velocità, e ciò tende a schiacciare le nostre vite su un altro tipo di sopravvivenza.
Alle più alte velocità, l`obiettivo della società diventa lo stesso di quello inseguito dai piloti di macchine da corsa: mantenere il veicolo stabile perchè non esca dalla pista.
Ancora una volta, l`ideale di stabilità minaccia di sostituire l`etica.
Si potrebbe dire che esiste una `barriera etica`, una velocità al di sopra della quale l`etica non può più esistere.
Dopo quel punto l`unico obiettivo che resta è la sopravvivenza nel momento immediato.
Ma soltanto coloro che non devono concentrarsi esclusivamente sull`adesso per garantirsi la sopravvivenza sono in grado di preoccuparsi per gli altri.
L`eticità richiede un pensiero senza fretta.
L`eticità richiede anche una prospettiva temporale più lunga: la responsabilità per le conseguenze future degli sviluppi attuali e la capacità di immaginare un mondo diverso da com`è ora.“